Quanto importante sia la storia lo sappiamo tutti. Testimonianze inedite, ricerche e nuove scoperte possono portare a ricucire fatti che mai avremmo immaginato possibili.

Questo vale anche per le piccole cittadine come Varazze dove le famiglie storiche hanno parecchio da raccontare e dove fatti avvenuti in un periodo di piena espansione industriale si tramutano in scoperte eccezionali.

La storia di Varazze è ricca di pagine significative, sono molti i personaggi illustri che hanno avuto trascorsi significativi nella nostra cittadina e qui hanno coltivato passioni ed amicizie. Le opportunità di approfondire non mancano mai ed è quindi con grande piacere che condividiamo il risultato delle ricerche di un nostro concittadino, Francesco Fazio, che grazie ad un grande lavoro in archivi pubblici e privati e a preziosi contatti, ci riporta dal passato un’importante testimonianza fatta di eroi, sogni e passione, una storia di “aquile” di mare, che spiccarono il volo proprio da Varazze per diventare un mito internazionale. Alla storia di Varazze si aggiunge dunque un nuovo tassello davvero inaspettato che arricchisce il patrimonio storico culturale della Città.

I GP Days di Genova, un grande evento in ricordo di un illuminato imprenditore, coronato dalla manifestazione aerea delle Frecce Tricolori, una notizia che per giorni ha riempito le pagine dei quotidiani, ma anche un’occasione per riaprire la scatola dei ricordi di famiglia. Con tanta voglia di condividere quei ricordi e con l’aiuto di qualche buon amico, presi contatto con gli eredi di Giorgio Parodi, dopo qualche scambio di mail e una lunga telefonata le nostre rispettive storie si fusero e si completarono in qualcosa di inaspettato per entrambi.

Ma partiamo dall’inizio, anzi ripartiamo da quella famosa lettera del 1919 con cui l’armatore Emanuele Vittorio Parodi assicurò il suo appoggio al figlio Giorgio per il primo “esperimento”, appesa ancora oggi nel Museo di Mandello del Lario. Su quel pilastro della storia della Moto Guzzi, le parole “che se per fortunata ipotesi esso mi piacesse sono disposto ad andare molto avanti senza limitazioni di cifre” sono ben scolpite nella mente di qualsiasi guzzista. Meno interessante per molti è, probabilmente, la chiusura. Dopo avere scritto al figlio le sue considerazioni e i suoi suggerimenti sull’esperimento da fare, Emanuele Vittorio Parodi conclude con “scriverò anche a Canepa”. Ed è proprio da quel Canepa che la storia riparte per fare un tuffo nel passato: chi era Canepa? Che cosa c’entrava con l’esperimento?

Simone Canepa, lo Zio Simone per me, nato a Varazze il 7 aprile 1878, figlio di Simone e Bianca Bolla, contadini alle dipendenze della famiglia Quartino, emise i primi vagiti in via Busci 6, nella casa annessa alla villa appartenente a quei nobili varazzini, quinto di undici figli. Nel 1899, a soli 21 anni, venne destinato a fare parte della Spedizione verso il Polo Nord di Luigi Amedeo di Savoia Duca degli Abruzzi, con la Nave Stella Polare, quale marinaio di seconda classe, distinguendosi per forza e audacia, doti che gli permetteranno di essere selezionato e aggregato nel terzo gruppo, quello di punta, comandato da Umberto Cagni, ottenendo un primato italiano di avanzata al Nord ancora oggi imbattuto in metodologia e tragitto: il 25 aprile 1900 assieme alle guide valdostane Joseph Petigax ed Alessio Fenoillet raggiungeranno gli 86°34′ di latitudine.

Simone, un prode e un valoroso uomo che entra inaspettatamente per me nella storia della Moto Guzzi, ancora oggi la città natale lo ricorda per il suo eroismo, ma mai avrei immaginato di trovarlo citato nel documento esposto nel museo!

Conclusa l’impresa polare, Simone tornò a Varazze per fare il collaudatore dei Cantieri Baglietto, impiego in linea con il suo carattere attivo e dinamico. Fu scelto proprio per questo per affiancare un giovanissimo Parodi, quando allo scoppio della Prima Guerra Mondiale decise di arruolarsi volontario nel corpo dei Volontari Motonauti, dando generalità false in quanto ancora minorenne e consapevole che non sarebbe stato accettato. Per statuto i Volontari Motonauti dovevano portare con loro un mezzo e il Parodi prese il Maria I, il Baglietto di famiglia, un’elegante imbarcazione cabinata del 1914, di cui non poteva esserne Comandante per evidenti ragioni anagrafiche.

Fino a qui la storia di Giorgio e Simone era conosciuta anche dalla famiglia Parodi, ma le sorprese erano ad attenderci dietro l’angolo. Il pezzo di storia che andò ad incastrarsi perfettamente nell’incredibile quadro complessivo fu il Maria II e il legame tra Giorgio, Simone e Stefano Baglietto.

Il Maria II fu il motoscafo che sostituì il Maria I, poco idoneo all’impiego in guerra. Si trattava di un’imbarcazione molto più veloce e performante, adibita a recupero missili e mine, costruita sempre dai Cantieri Baglietto a Varazze e testata a Montecarlo, Comandante Simone Canepa, uomo di fiducia delle famiglie Baglietto e Parodi, legate da amicizia sincera, ma anche socie in affari.

Il giovane Giorgio, però, non amava troppo andar per mare; non appena si presentò l’occasione chiese il trasferimento alla 253° Squadriglia Idrovolanti, lasciando a Simone il Comando del Maria II nelle difficili imprese della flottiglia del Garda, nell’omonimo Lago, fino al rientro a Varazze. Come fa bene intendere la lettera di Emanuele Vittorio si mise quindi a seguire quell’innovativo progetto.

Ma andiamo avanti con la narrazione. L’allontanamento tra Simone e Giorgio, dovuto al trasferimento a Grado di quest’ultimo, coincise però con il riavvicinamento di questi all’amico Stefano Baglietto, nato anche lui a Varazze nel 1888, ufficiale della Regia Marina, pilota di idrovolanti. Sono tante le testimonianze e le prove delle azioni insieme, legati dalla comune passione per il volo e per la velocità. Stefano pilota, Giorgio osservatore, passaggio intermedio che fece prima di prendere il brevetto e pilotare lui stesso idrovolanti e aerei.

Grazie ad un attento studio di documentazione storica e all’incrocio di dati e testimonianze, abbiamo così identificato il quarto uomo che doveva far parte della nuova impresa motociclistica: Stefano Baglietto. Anche lui, come purtroppo Giovanni Ravelli, morirà nell’ottobre del 1919 in seguito alle conseguenze di un incidente di volo sul Lago di Varese.

 A lui e a Giovanni Ravelli, gli amici piloti con cui aveva condiviso ed accarezzato il sogno di una moto nuova, diversa da tutte le altre, Giorgio volle dedicare quell’aquila che li aveva uniti nei cieli infuocati della Prima Guerra Mondiale, mettendola sui serbatoi delle sue motociclette, come ricordato proprio dal nipote di Giovanni in un toccante biglietto inviato alla famiglia Parodi in occasione della morte di Giorgio.

Quando si dice che il destino si accanisce sulle medesime persone è proprio vero, anche Simone raggiunse gli amici Stefano e Giovanni , lasciando questa terra il 20 novembre di quel nefasto anno 1919, e con la loro scomparsa si perderanno una parte di preziose testimonianze sul progetto che tanto agognavano.

Ma le sorprese non finiscono qui, grazie al lavoro di ricerca in archivi pubblici e privati per la stesura del volume “Giorgio Parodi – Le ali dell’Aquila” , è venuta alla luce un’ulteriore importante vicenda imprenditoriale: la CIVES (Costruzione Idrovolanti e Scuola di Pilotaggio), azienda di Varazze leader nella produzione di idrovolanti per il Ministero della Guerra durante la Prima Guerra Mondiale, fondata da Bernardino Baglietto, fratello di Stefano che, in virtù della sua passione per il volo, ne fu abile collaudatore e consulente per la parte tecnica-motoristica, la vera anima dell’azienda. La CIVES arrivò a produrre centoquaranta idrovolanti modelli FBA, SIAI S.8 e Macchi M.9, senza contare i circa duecento ulteriormente ordinati. Con la morte di Stefano e la fine del conflitto la CIVES, venute meno le commesse statali, continuerà comunque la sua ampia attività ancora per diversi anni, mutando parzialmente il direttivo.

E nelle meravigliose pieghe della storia che restano nascoste per tanti anni, la scoperta dell’unione delle famiglie Baglietto e Parodi nell’avventura CIVES. Non solo amici, ma anche soci in affari, unione suggellata dalla comune passione per il volo di Giorgio Parodi e Stefano Baglietto. Dalla documentazione rinvenuta, Emanuele Vittorio Parodi possedeva 2.000.000 di lire in azioni della CIVES. L’azienda inizialmente operava con officine e maestranze già disponibili, utilizzando elementi strutturali che i Baglietto avevano a disposizione per i cantieri navali per passare poi in stabilimenti propri.

Simone, Giorgio e Stefano, una grande storia di una ancor più grande avventura che prese il via proprio dalle spiagge di Varazze, riscoperta grazie ad una semplice frase in chiusura di una lettera, l’esempio di quanto ancora ci può riservare un passato lontano ma ancora meravigliosamente attuale.

Luigi Pierfederici
Sindaco di Varazze